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mercoledì 24 aprile 2024

Papa Francesco «Il cristiano non è mai solo. ... se abbiamo perso la fiducia, Dio ci riapre alla fede; se siamo scoraggiati, Dio risveglia in noi la speranza; e se il nostro cuore è indurito, Dio lo intenerisce col suo amore. » Udienza Generale 24/04/2024 (foto, testo e video)

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 24 aprile 2024


Colonna sonora particolare, oggi, per l’udienza generale di Papa Francesco in piazza San Pietro. A fare da sfondo al consueto giro tra i vari settori della piazza sono stati, infatti, i cori degli alpini. Sulla papamobile, come è ormai consuetudine, il Santo Padre ha fatto salire quattro bambini, che si sono goduti il tragitto sorridendo e salutando anche loro, insieme al Papa, che si è rivolto alla folla – anche oggi straripante, con file che dal lato del Sant’Uffizio cominciavano all’altezza di Casa Santa Marta – facendo più volte il segno dell’“ok” con la mano. Molti anche oggi i bambini che Francesco ha accarezzato e baciato lungo il percorso, grazie al solerte aiuto degli uomini della Gendarmeria Vaticana.
Papa Francesco ha dedicato la catechesi dell’udienza di oggi alle tre virtù teologali: fede, speranza e carità.







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Il testo qui di seguito include anche parti non lette che sono date ugualmente come pronunciate.

Catechesi. I vizi e le virtù. 16. La vita di grazia secondo lo Spirito


Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Nelle scorse settimane abbiamo riflettuto sulle virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. Sono le quattro virtù cardinali. Come abbiamo sottolineato più volte, queste quattro virtù appartengono a una sapienza molto antica, che precede anche il cristianesimo. Già prima di Cristo si predicava l’onestà come dovere civile, la sapienza come regola delle azioni, il coraggio come ingrediente fondamentale per una vita che tende verso il bene, la moderazione come misura necessaria per non essere travolti dagli eccessi. Questo patrimonio tanto antico, patrimonio dell’umanità, non è stato sostituito dal cristianesimo, ma messo bene a fuoco, valorizzato, purificato e integrato nella fede.

C’è dunque nel cuore di ogni uomo e donna la capacità di ricercare il bene. Lo Spirito Santo è donato perché chi lo accoglie possa distinguere chiaramente il bene dal male, avere la forza per aderire al bene rifuggendo dal male e, così facendo, raggiungere la piena realizzazione di sé.

Ma nel cammino che tutti stiamo facendo verso la pienezza della vita, che appartiene al destino di ogni persona – il destino di ogni persona è la pienezza, essere piena di vita –, il cristiano gode di una particolare assistenza dello Spirito Santo, lo Spirito di Gesù. Essa si attua con il dono di altre tre virtù, prettamente cristiane, che spesso vengono nominate insieme negli scritti del Nuovo Testamento. Questi atteggiamenti fondamentali, che caratterizzano la vita del cristiano, sono tre virtù che noi diremo adesso insieme: la fede, la speranza e la carità. Diciamolo insieme: [insieme] la fede, la speranza… non sento niente, più forte! [insieme] La fede, la speranza e la carità. Siete stati bravi! Gli scrittori cristiani le hanno ben presto chiamate virtù “teologali”, in quanto si ricevono e si vivono nella relazione con Dio, per differenziarle dalle altre quattro chiamate “cardinali”, in quanto costituiscono il “cardine” di una vita buona. Queste tre sono ricevute nel Battesimo e vengono dallo Spirito Santo. Le une e le altre, sia le teologali sia le cardinali, accostate in tante riflessioni sistematiche, hanno così composto un meraviglioso settenario, che spesso viene contrapposto all’elenco dei sette vizi capitali. Così il Catechismo della Chiesa Cattolica definisce l’azione delle virtù teologali: «Fondano, animano e caratterizzano l’agire morale del cristiano. Esse informano e vivificano tutte le virtù morali. Sono infuse da Dio nell’anima dei fedeli per renderli capaci di agire quali suoi figli e meritare la vita eterna. Sono il pegno della presenza e dell’azione dello Spirito Santo nelle facoltà dell’essere umano» (n. 1813).

Mentre il rischio delle virtù cardinali è quello di generare uomini e donne eroici nel compiere il bene, ma tutto sommato soli, isolati, il grande dono delle virtù teologali è l’esistenza vissuta nello Spirito Santo. Il cristiano non è mai solo. Compie il bene non per un titanico sforzo di impegno personale, ma perché, come umile discepolo, cammina dietro al Maestro Gesù. Lui va avanti nella via. Il cristiano ha le virtù teologali che sono il grande antidoto all’autosufficienza. Quante volte certi uomini e donne moralmente ineccepibili corrono il rischio di diventare, agli occhi di chi li conosce, presuntuosi e arroganti! È un pericolo davanti al quale il Vangelo ci mette bene in guardia, là dove Gesù raccomanda ai discepoli: «Anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”» (Lc 17,10). La superbia è un veleno, è un veleno potente: ne basta una goccia per guastare tutta una vita improntata al bene. Una persona può avere compiuto anche una montagna di opere benefiche, può aver mietuto riconoscimenti ed encomi, ma se tutto ciò l’ha fatto solo per se stesso, per esaltare se stessa, può dirsi ancora una persona virtuosa? No!

Il bene non è solo un fine, ma anche un modo. Il bene ha bisogno di tanta discrezione, di molta gentilezza. Il bene ha bisogno soprattutto di spogliarsi di quella presenza a volte troppo ingombrante che è il nostro io. Quando il nostro “io” è al centro di tutto, si rovina tutto. Se ogni azione che compiamo nella vita la compiamo solo per noi stessi, è davvero così importante questa motivazione? Il povero “io” si impadronisce di tutto e così nasce la superbia.

Per correggere tutte queste situazioni che a volte diventano penose, le virtù teologali sono di grande aiuto. Lo sono soprattutto nei momenti di caduta, perché anche coloro che hanno buoni propositi morali a volte cadono.  Come anche chi si esercita quotidianamente nella virtù a volte sbaglia – tutti sbagliamo nella vita –: non sempre l’intelligenza è lucida, non sempre la volontà è ferma, non sempre le passioni sono governate, non sempre il coraggio sovrasta la paura. Ma se apriamo il cuore allo Spirito Santo – il Maestro interiore –, Egli ravviva in noi le virtù teologali: allora, se abbiamo perso la fiducia, Dio ci riapre alla fede – con la forza dello Spirito, se abbiamo perso la fiducia, Dio ci riapre alla fede –; se siamo scoraggiati, Dio risveglia in noi la speranza; e se il nostro cuore è indurito, Dio lo intenerisce col suo amore. Grazie.

Guarda il video della catechesi

Saluti
...

* * *

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare ...

Il mio pensiero va infine ai giovani, ai malati, agli anziani e agli sposi novelli. Domani celebreremo la festa liturgica di san Marco, l’Evangelista che ha descritto con vivacità e concretezza il mistero della persona di Gesù di Nazaret. Invito tutti voi a lasciarvi affascinare da Cristo, per collaborare con entusiasmo e fedeltà alla costruzione del Regno di Dio.

E poi il pensiero va alla martoriata Ucraina, alla Palestina, a Israele, al Myanmar che sono in guerra, e a tanti altri Paesi. La guerra sempre è una sconfitta, e quelli che guadagnano di più sono i fabbricatori di armi. Per favore, preghiamo per la pace! Preghiamo per la martoriata Ucraina: soffre tanto, tanto. I soldati giovani vanno a morire. Preghiamo. E preghiamo anche per il Medio Oriente, per Gaza: si soffre tanto lì, nella guerra. Per la pace tra Palestina e Israele, che siano due Stati, liberi e con buoni rapporti. Preghiamo per la pace.

A tutti la mia benedizione!


Guarda il video integrale


Enzo Bianchi: Il Patriarca d’Occidente

Enzo Bianchi
Il Patriarca d’Occidente


La Repubblica - 15 Aprile 2024

Nelle chiese cristiane e dunque anche nella chiesa cattolica succedono fatti, si compiono azioni che non sembrano interessare i lettori dei nostri giornali e perciò non trovano né spazio, né narrazione, né se ne intravvede il significato. E tuttavia qualche volta quasi in silenzio si compiono atti che sono molto importanti nel dialogo tra le chiese e nella possibile condivisione del loro stare nel mondo in mezzo all’umanità.

Il Vescovo di Roma, lo si sa, abbonda di titoli che ne vogliono celebrare la dignità. Questi appaiono nelle prime pagine dell’Annuario Pontificio (un organo informativo pubblicato ogni anno dalla Santa Sede) e di conseguenza nei documenti più solenni: Vicario di Cristo, Successore del Principe degli Apostoli, Sommo Pontefice della Chiesa Universale, Patriarca d’Occidente, Primate d’Italia, Arcivescovo e Metropolita della Provincia romana, Sovrano dello Stato della città del Vaticano...

Nell’attuale Annuario vengono detti “titoli storici” per significare che sono legati alle vicende storiche e non sono originati dal Vangelo. Risuona perciò un po’ stonato che dopo tutti questi titoli storici appaia quello vero, il più appropriato, usato da Papa Gregorio Magno, che definisce il Papa “Servo dei servi si Dio”. Ma è pur vero che nella gerarchia ecclesiastica i titoli contano, soprattutto quelli che sono riconosciuti anche da altre chiese non cattoliche. Tale il titolo di Patriarca dell’Occidente perché i canali ecumenici avevano definito il Sistema di governo della chiesa cristiana come “pentarchia”, cioè governo dei cinque patriarchi che si affacciavano sul Mediterraneo: Gerusalemme, Alessandria, Antiochia, Roma, Costantinopoli.

Purtroppo Benedetto XVI nel 2006, spinto da quanti vedevano nel titolo di Patriarca d’Occidente una riduzione nei confronti del primato universale del vescovo di Roma, fece cadere questo titolo che non apparve più nell’Annuario pontificio.

Grande fu la meraviglia delle chiese ortodosse che vissero il fatto come un ulteriore distacco di Roma dalla sinfonia del primo millennio e giudicarono questa omissione antiecumenica. Purtroppo il Pontificio Consiglio dell’unità di allora giustificò questo provvedimento cercando di spiegare agli ortodossi che questo era diventato un titolo inadeguato a causa di un Occidente oggi da intendersi nel senso di unità culturale e non più geografica.

Ma Papa Francesco, che ha ascoltato i desideri delle chiese ortodosse e di quanti lavorano veramente per l’unità della chiesa, fin dall’inizio del suo papato ha messo in evidenza il titolo di Vescovo di Roma, e ora ha reintrodotto quello di Patriarca d’Occidente, dando inizio a un processo che riconfigura la chiesa latina come Patriarcato d’Occidente, in cui il primato papale, com’è esercitato nella chiesa cattolica, potrebbe essere esercitato in forma non di giurisdizione ma di comunione con le chiese ortodosse come nel primo millennio. Con questo non si risolve il problema della divisione tra le chiese, oggi diventato tragico anche all’interno della stessa Ortodossia e delle singole chiese, ma si rimuove un ostacolo al cammino verso l’unità: la chiesa cattolica sta umilmente nella sinfonia delle altre chiese senza per questo negare il primato del Vescovo di Roma.

Papa Francesco, lo sappiamo, ha ascoltato, ha fatto discernimento, ha scelto la via evangelica delle chiese sorelle tra le quali fraternità e sororità sono necessarie come nel quotidiano della vita cristiana.
Senza clamore, eppure significativi, questi gesti mostrano un’attenzione a ciò che ferisce o porta gioia ai fratelli non cattolici: perché solo se le chiese iniziano a camminare nel futuro consultandosi, comprendendosi da vere sorelle, si cammina verso l’unità a favore di tutta l’umanità.
(fonte: blog dell'autore)

martedì 23 aprile 2024

Basta guerre! Basta armi! - Comunicato stampa di Pax Christi


Basta guerre! Basta armi!

Comunicato stampa di Pax Christi al termine dell’assemblea nazionale

L’Assemblea nazionale di Pax Christi si è riunita il 20/21 aprile a Ciampino. Oltre agli adempimenti statutari c’è stata una ampia riflessione sui vari temi, drammatici, che coinvolgono l’Italia, l’Europa e il mondo intero. I lavori sono iniziati con i saluti inviati dal presidente della CEI, il card. Matteo Zuppi e con una tavola rotonda: Al cuore dell’Europa la pace.

I giorni tragici che stiamo vivendo ci hanno fatto rivivere quanto già scriveva nel 1991 don Tonino Bello, Presidente di Pax Christi, morto il 20 aprile 1993: “nell’aria c’è odore di zolfo”. E con don Tonino abbiamo ricordato anche il vescovo Luigi Bettazzi, (era la prima assemblea senza la sua presenza) profeta di pace dei nostri tempi. Era lui a ricordarci, come padre conciliare, la Gaudium et Spes al n. 80: “Ogni atto di guerra, che mira indiscriminatamente alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e va condannato con fermezza e senza esitazione”.

Il ricordo e la preghiera sono stati anche per il vescovo Giovanni Giudici, già presidente di Pax Christi, morto lo scorso gennaio. Per il vescovo Diego Bona, morto ad aprile 2017 e per l’amico giornalista Carlo di Cicco, scomparso in questi giorni e da sempre vicino a Pax Christi.

Nel solco della strada tracciata da chi ci ha preceduto, Pax Christi rinnova l’impegno, sempre più urgente, per la Pace e il Disarmo. Tacciano le armi. Cessate il fuoco.

Facciamo nostre le parole dei cristiani di Terra Santa: “Siamo scioccati e scoraggiati dal silenzio delle Chiese di fronte all’ecatombe di Gaza…” (L’appello è sul sito www.bocchescucite.org)

Pensiamo anche all’Ucraina e a tante guerre più o meno dimenticate.

La situazione attuale è sempre più drammatica, con scelte che vanno nella direzione della guerra:
  • La follia del riarmo con la prospettiva di arrivare in Italia al 2/% del PIL per le spese militari.
  • Il tentativo in atto da parte dei mercanti di morte di affossare la legge 185/90 sul commercio delle armi.
  • La non adesione dell’Italia al trattato per la messa al bando delle armi nucleari.
  • L’idea, furbescamente ventilata, di una legione straniera all’italiana, per concedere la cittadinanza ai migranti che si arruolano e sono disposti a combattere per l’Italia.
E l’elenco potrebbe continuare…

Rinnoviamo l’impegno per la nonviolenza, sostenendo anche percorsi formativi e didattici.

Incoraggiamo l’obiezione di coscienza di fronte alla guerra e alla catastrofe ambientale che chiede scelte radicali.

Dal mondo dei giovani, dalle università arrivano segni di speranza e di impegno per un altro modo possibile.

Riteniamo grave e assolutamente non condivisibile il disegno di legge sulla cosiddetta “autonomia differenziata”, già approvato al Senato. E’ inconciliabile con una visione di giustizia, equità e fraternità.

Ricordiamo le parole di don Tonino all’Arena di Verona, 30 aprile 1989 “il popolo della pace non è un popolo di rassegnati. E’ un popolo pasquale, che sta in piedi…. Davanti al ‘trono’ di Dio. Non davanti alle poltrone dei tiranni, o davanti agli idoli di metallo”.

Ci prepariamo ad Arena di pace, con Papa Francesco, il prossimo 18 maggio, insieme a tante donne e uomini che in rete lavorano per la pace.

Chiediamo a tutte le persone che credono nella pace, in particolare ai credenti, alle comunità cristiane di non tacere di fronte a questa situazione. Chiediamo un impegno per la pace e il disarmo, e per impedire la prevista autonomia differenziata, contro la quale ci sono già stati autorevoli interventi ecclesiali, ma purtroppo solo dal sud dell’Italia. Non possiamo tacere! Dal sud al nord, insieme.

Chiediamo a tutti i parlamentari di non approvare il ddl sull’autonomia differenziata. E di non approvare le modifiche alla 185/90. Non possiamo accettare una politica succube dei piazzisti d’armi, dei mercanti di morte.

Anche ora, in questi tempi bui, rinnoviamo l’impegno e la scelta della nonviolenza come pilastro della pace. Rifiutiamo la guerra, gridiamo la speranza.

Impruneta (FI), 22 aprile 2024
Pax Christi Italia


Addio Vincenzo Agostino, simbolo dei familiari delle vittime innocenti delle mafie - Il ricordo di don Ciotti e di mons. Lorefice

Addio Vincenzo Agostino, 
simbolo dei familiari delle vittime innocenti delle mafie

Riferimento tra i familiari delle vittime innocenti delle mafie, Vincenzo Agostino è scomparso il 21 aprile. Per tre decenni ha lottato insieme alla moglie Augusta Schiera per ottenere verità e giustizia sugli omicidi del figlio Nino e della nuora Ida Castelluccio, avvenuti il 5 agosto 1989


Chi negli ultimi anni ha partecipato, per la prima volta, alle manifestazioni nazionali in memoria delle vittime innocenti di mafia, non poteva non notarlo. Vincenzo Agostino si poteva individuare facilmente: alto, occhi azzurri e con una lunga barba bianca, lunga quanto la sua ricerca di verità sull’omicidio del figlio, l'agente di polizia Nino Agostino, e della nuora incinta, Ida Castelluccio, uccisi da Cosa nostra il 5 agosto 1989 a Carini (Palermo): a quel punto l'uomo aveva deciso che non l’avrebbe mai rasata fino a quando non avrebbe trovato verità e giustizia. Insieme alla moglie Augusta Schiera, scomparsa nel febbraio 2019, Vincenzo Agostino era diventato un rappresentante di tutti quei familiari di vittime delle mafie impegnati in una dignitosa battaglia per ottenere giustizia e verità. Non c'era nell'ultima manifestazione, quella del 21 marzo scorso a Roma, fermato dal male che l'ha portato via oggi (21/04/2024), all'età di 87 anni.

Vincenzo Agostino e Augusta Schiera, riferimenti per i familiari delle vittime della mafia

“Era un riferimento importante per tutti i familiari di vittime delle mafie per la sua compostezza e la sua rivoluzione gentile – spiega Daniela Marcone, dell’ufficio di presidenza di Libera e responsabile del settore Vittime –. Determinato, mai fuori posto, nonostante la rabbia. Se ne va un pezzo importante della nostra rete”.

“Nostro compagno di percorso, guida preziosa e unica per tutte e tutti coloro che sono in cammino per conoscere la verità su una grave ingiustizia subita – lo ricorda Libera –. Come lui e la sua amata moglie Augusta, le sue figlie e figlio, che hanno vissuto un dolore insopportabile per la perdita del figlio Nino e della nuora Ida. Eppure, Vincenzo ha trovato la forza e il coraggio di costruire un percorso di memoria e impegno verso l’obiettivo della verità , una vera e propria rivoluzione gentile che ha segnato le tappe per tante e tanti". Vincenzo Agostino, insieme alla moglie, hanno sempre portato la loro testimonianza dove necessario. Alcuni lo ricordano intervenire nelle scuole e nei campi estivi in Sicilia, a incontrare giovani arrivati da tutta Italia a cui raccontava la storia del figlio e della nuora. ...

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Vincenzo Agostino, il ricordo di don Luigi Ciotti

La sua barba segno della sua determinazione nel cercare verità e giustizia

Una barba lunga come lunga è stata la sofferenza di Vincenzo: 35 anni di lutto per un figlio ammazzato dalla mafia. Era il suo tratto distintivo, che ce lo faceva riconoscere in mezzo alla folla nelle manifestazioni e negli incontri pubblici. Lo vedevi da lontano, con la barba bianca quasi da personaggio delle fiabe, e un’espressione che sapeva trasmettere insieme tenerezza e ardore. Quella barba la vogliamo oggi ricordare come il segno della costanza di Vincenzo, della sua determinazione nel cercare verità e giustizia per suo figlio, sua nuora e il loro bambino mai nato.

Era il 5 agosto del 1989 quando Nino Agostino, sua moglie Ida Castelluccio e il piccolo o piccola che portava in grembo caddero vittime di un agguato mafioso. Subito ci fu chi provò a inquinare le acque e gettare fango sulla figura di Nino, un agente di Polizia in servizio a Palermo, coinvolto in delicate operazioni contro cosa nostra. Per Vincenzo, la moglie Augusta, le sorelle e il fratello fu un dolore che si aggiungeva al dolore: ignorare il motivo dell’omicidio, e temere che l’impegno per trovare i colpevoli venisse vanificato dall’omertà e dai depistaggi, anche all’interno di quelle stesse istituzioni che Nino aveva servito con coraggio.

Nella disperazione, maturò la volontà condivisa e incrollabile di esigere la verità – una verità storica e giudiziaria – come unico tributo possibile alla morte di Nino e Ida. Ed è a questa volontà che si è aggrappato Vincenzo, insieme ai suoi famigliari, per non naufragare. Collaborando in prima persona alle indagini e offrendo una testimonianza decisiva sui fatti che avevano portato al delitto. La scelta di non tagliarsi la barba, finché non avesse ottenuto risposte chiare dallo Stato, negli anni lo ha reso una figura simbolica agli occhi di tante altre persone nella stessa situazione. Agostino non mancava mai, agli incontri dei famigliari di Libera e alle numerose occasioni di dibattito e sensibilizzazione sulla criminalità organizzata. Lo potevi incontrare in qualunque parte d’Italia ci fosse da portare una testimonianza, uno stimolo, ma anche una parola di incoraggiamento per gli altri che soffrivano come lui.

Sempre franco nel parlare, sempre generoso nel partecipare, sempre inflessibile nel chiedere conto alle istituzioni sugli sforzi in materia di contrasto alle mafie e tutela delle vittime. Se ne è andato zitto zitto, proprio quando ormai sembrava mancare pochissimo alla meta. Non ha avuto il tempo di tagliarsi la barba, ma porterà la notizia alla sua amata Augusta, mancata cinque anni fa, che sulla propria tomba aveva fatto scrivere: “Qui giace Augusta Schiera, madre dell’agente Antonino Agostino. Una mamma in attesa di giustizia anche oltre la morte”.
Ecco, tutti speriamo che quella lunga, insopportabile attesa non sia stata vana. Fra poche settimane si chiuderà l’ultimo dei processi ancora in corso sul delitto Agostino, dopo che alcune condanne sono già state emesse.
Il nostro saluto a Vincenzo è reso meno amaro dalla consapevolezza che il risultato inseguito per tutti questi anni è finalmente a portata di mano. E dalla gratitudine che proviamo perché, attraverso il suo esempio, tante altre persone e famiglie hanno trovato la forza di trasformare la memoria sofferente in un impegno di speranza.
Luigi Ciotti
(fonte: Libera)

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Morte Vincenzo Agostino,
il ricordo dell’Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice

(foto di Maria Anna Giordano)
Sin dal mio arrivo a Palermo ho stretto un rapporto di amicizia e di reciproca stima con Vincenzo e Augusta Agostino, attratto dalla loro indefettibile rettitudine umana e dalla sobrietà della loro salda fede.

La lunga barba bianca di Vincenzo Agostino ha rappresentato per noi tutti il segno di un impegno di cittadinanza responsabile e attiva. Ma soprattutto un pungolo e uno sprone alle istituzioni per giungere alla verità – non ancora arrivata nella sua interezza – sull’assassinio del figlio Nino e della moglie incinta Ida Castelluccio, uccisi nel 1989 dalla perfidia mafiosa ma anche oltraggiati dai subdoli tentativi di insabbiamento e depistaggio messi in atto dopo il tragico e drammatico evento.

La sua ricerca della verità, sospinta anche dall’amore di padre e di nonno, è stata condivisa da tutti coloro che ogni giorno si impegnano – proprio sulle orme dei tanti martiri della giustizia e della legalità – a resistere alla tracotanza e alla violenza del menzognero potere mafioso.

In una città che ha assistito al sacrificio di tanti uomini e donne delle istituzioni, della società civile e della Chiesa palermitana, possa la sua credibile e costante testimonianza continuare ad essere uno sprone nella costruzione di una città degli uomini giusta e solidale, libera dalle ‘strutture di peccato’ – come la mafia -, che generano scarti umani e seminano sofferenza, sopruso, collusioni, oppressione e morte.

Le esequie di Vincenzo Agostino saranno celebrate martedì 23 aprile 2024, alle ore 11.00 nella Chiesa Cattedrale. Il rito sarà presieduto dall’Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice.
(fonte: Chiesa di Palermo)



lunedì 22 aprile 2024

La Giornata Mondiale della Terra - Pianeta, come possiamo aiutarlo? Dall'acqua al riciclo: il decalogo per ciascuno di noi

La Giornata Mondiale della Terra
Pianeta, come possiamo aiutarlo? 
Dall'acqua al riciclo: il decalogo per ciascuno di noi

Il 22 aprile si celebra la Giornata Mondiale della Terra, un'occasione per riflettere (e mettere in pratica) cosa si può fare ogni giorno per il futuro dei nostri figli



C'è un Pianeta da salvare. Il riscaldamento globale e i cambiamenti del clima non sono una novità. Lo si sente ripetere da anni e la speranza è che il grido d’allarme lanciato da ogni angolo del mondo venga ascoltato da tutti. Certo, principalmente da chi ha in mano le sorti del futuro dei nostri figli. Ma ciascuno di noi può (e deve) fare qualcosa. Anche una piccola cosa, come seguire alcuni semplici accorgimenti è importante e ripeterlo ancora una volta può essere utile. L’occasione stavolta viene dalla prossima Giornata Mondiale della Terra che sarà celebrata lunedì 22 aprile. Voluta dalle Nazioni Unite, la 54ª edizione sarà dedicata al tema «Planet vs Plastic» con il preciso scopo di porre l’accento sull’abuso dei materiali platici nella nostra vita quotidiana. L’obiettivo: una riduzione della plastica del 60 per cento entro il 2040. Ma vediamo i dieci consigli per dare il nostro contributo

Limitare il consumo di acqua

L’oro blu è un bene prezioso naturale, ma è una risorsa non infinita.
È quindi importante ridurre il consumo di acqua nell’uso quotidiano. Come? Chiudere il rubinetto quando non è indispensabile (ad esempio mentre laviamo i denti o le stoviglie), al posto della vasca da bagno preferire la doccia, magari con tempi ridotti

Mobilità sostenibile

Uno dei mali dell’ambiente sono le polveri sottili. 
Per spostarsi soprattutto in città sarebbe utile lasciare l’auto a casa e spostarsi a piedi e in bici (se possibile) oppure utilizzare i mezzi pubblici

Ridurre i consumi energetici

Buona parte dell’energia che consumiamo ogni giorno è prodotta da fonti non rinnovabili. 
Ecco perché va fatta attenzione soprattutto a evitare gli sprechi, anche per ridurre le spese delle bollette. Prima di tutto è consigliabile acquistare elettrodomestici a ridotto consumo energetico, ma poi basta soltanto spegnere la luce quando si esce da una stanza, non lasciare tv e radio accese anche quando non serve e staccare la spina quando abbiamo ricaricato smartphone o pc

Limitare il consumo di carne e pesce

Un'alimentazione sana e mirata non fa bene solo alla salute ma anche all’ambiente. 
Si calcola le produzioni alimentari incidono su un terzo dei gas serra. Quindi molto meglio portare a tavola verdura, legumi, frutta: anche il vostro corpo vi ringrazierà

Benedetto riciclo

Sapete la regola delle tre «erre»: riduzione, riutilizzo, riciclo. 
Una formula che serve a evitare sprechi, risparmiare e aiutare il Pianeta. A che cosa pensiamo? A tutto: dalla carta alla plastica, dal cibo ai vestiti, dal vetro agli elettrodomestici. E stavolta a ringraziarci sarà anche il nostro portafogli

Acquisti in modo intelligente

Prima di tutto pensiamo ad acquistare prodotti a km 0, e non solo per il cibo. 
Si risparmia sull’inquinamento dei trasporti. E poi facciamo attenzione alle aziende con una maggiore attenzione al green. Così si può incentivare i business eco friendly

Non abusare con l’uso di carta

Siete «stampanti dipendenti»? 
O abusate di scrivere appunti sulla carta, come la lista della spesa? Fate attenzione quando si stampano i documenti e le mail, non sempre è necessario. E magari scrivere la lista sul cellulare non è una cattiva idea

Fare investimenti mirati

Non tutti se lo possono permettere… 
Ma l’installazione di pannelli fotovoltaici, ad esempio, o di mini generatori eolici permette alla lunga di risparmiare soldi e ambiente. E se cambiate auto, dimenticate quelle a gasolio e benzina

Scegliere prodotti biologici

Volete sostenere una produzione naturale? 
Allora scegliete prodotti biologici, per lo più del vostro territorio. Tutto questo fa bene alle coltivazioni e contribuisce a ridurre l’impatto ambientale

Occhio a condizionatori e termosifoni

È vero il freddo è ormai alle spalle, ma sta arrivando l’estate (e che caldo ci aspetta secondo le previsioni). Usate con moderazione i condizionatori e utilizzate apparecchi compatibili con l’ambiente. E anche se è ancora presto ... cominciate a pesare a verificate se la vostra caldaia è davvero efficiente

(fonte: Corriere della Sera - Buone notizie 14/04/2024)

Altro che “taxi del mare” o “amici dei trafficanti”: il Tribunale di Trapani assolve le Ong

Migranti. 
Altro che “taxi del mare” o “amici dei trafficanti”: 
il Tribunale di Trapani assolve le Ong

Cade la maxi-inchiesta avviata dalla procura di Trapani nel 2016: il giudice ha chiuso definitivamente il caso decretando l’infondatezza delle accuse. Msf: “Sette anni di slogan infamanti e una plateale campagna di criminalizzazione delle organizzazioni impegnate nel soccorso in mare. Adesso basta criminalizzare la solidarietà!”. Save the Children: “Riconosciuta la verità sull’impegno umanitario”. Amnesty: “Le Ong hanno subito un danno grave”

Ochek, uno dei naufraghi sulla Geo Barents/Msf

Cade la maxi-inchiesta avviata dalla procura di Trapani nel 2016. Il Giudice per l’Udienza preliminare del Tribunale di Trapani, infatti, ha disposto il non luogo a procedere nei confronti di tutti gli imputati e ha chiuso definitivamente il caso decretando l’infondatezza delle accuse e spazzando via qualunque sospetto di collaborazione con i trafficanti da parte delle organizzazioni umanitarie impegnate nel soccorso in mare.
La decisione è stata subito commentata su Twitter da Meditteranea Saving Humans, che scrive: "Dopo 7 anni di indagini, la nave civile #Iuventa sequestrata e lasciata marcire, 24 vite in ostaggio, a Trapani la maxi montatura giudiziaria contro il soccorso civile in mare finisce nell'ennesima bolla di sapone: TUTTE PROSCIOLTE perché 'il fatto non sussiste'".

L’indagine ha coinvolto diverse Ong, tra cui Medici senza Frontiere (Msf). Organizzazione che, subito dopo la decisione dei giudici, ha affermato: “Dopo sette anni di false accuse, slogan infamanti e una plateale campagna di criminalizzazione delle organizzazioni impegnate nel soccorso in mare, cade la maxi-inchiesta avviata dalla procura di Trapani nell’autunno del 2016, la prima della triste epoca di propaganda che ha trasformato i soccorritori in ‘taxi del mare’ e ‘amici dei trafficanti’”.

L’indagine, continua Msf, ha coinvolto le Ong con “l’irricevibile accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ha visto un mastodontico impianto accusatorio basato su illazioni, intercettazioni, testimonianze fallaci e un’interpretazione volutamente distorta dei meccanismi del soccorso per presentarli come atti criminali. Ma dopo un’approfondita udienza preliminare durata due anni e dopo che la stessa procura che aveva aperto l’indagine ha chiesto il non luogo a procedere, il giudice ha chiuso definitivamente il caso decretando l’infondatezza delle accuse e spazzando via qualunque sospetto di collaborazione con i trafficanti”.

“Crolla il castello di accuse infondate che per oltre sette anni hanno deliberatamente infangato il lavoro e la credibilità delle navi umanitarie per allontanarle dal Mediterraneo e fermare la loro azione di soccorso e denuncia - dichiara Christos Christou, presidente internazionale di Msf -. Ma gli attacchi alla solidarietà continuano attraverso uno stillicidio di altre azioni: decreti restrittivi, detenzione delle navi civili, supporto alla guardia costiera libica che ostacola pericolosamente i soccorsi e alimenta sofferenze e violazioni, mentre le morti in mare continuano ad aumentare”.

Secondo l’Agenzia per i Diritti Fondamentali dell’Ue sono almeno 63 i procedimenti legali o amministrativi avviati da Stati europei contro organizzazioni impegnate in mare (dati giugno 2023).
Nell’ultimo anno le autorità italiane hanno emesso 21 fermi amministrativi contro navi umanitarie, impedendo la loro azione salvavita per 460 giorni complessivi. La Geo Barents di Msf ha appena ripreso il mare dopo 20 giorni di detenzione, “con l’ipocrita accusa di avere messo in pericolo la vita delle persone, dopo che una motovedetta libica aveva interrotto violentemente un soccorso già avviato. Oltretutto, alle navi civili vengono ormai assegnati porti lontani per sbarcare i sopravvissuti, per tenerle lontane dalla zona dei soccorsi”.

“Tutto questo – continua Msf -, insieme a ciniche politiche di esternalizzazione delle frontiere avviate dalle autorità italiane ed europee, ha delegittimato il principio del soccorso e l’idea stessa di solidarietà, cancellato l’imperativo umanitario sotto le logiche della difesa dei confini, e ridotto drasticamente la possibilità di soccorrere. Le conseguenze sono mortali: il 2023 è stato l’anno con il più alto numero di morti in mare dall’epoca delle accuse”.

“In questi anni, tutti i governi che si sono avvicendati hanno investito enormi risorse sul boicottaggio dell’azione umanitaria e su politiche di morte, ma non hanno fatto nulla per fermare i naufragi e fornire vie legali e sicure a chi fugge attraverso il Mediterraneo - dichiara Tommaso Fabbri, capomissione di Msf all’epoca dei fatti, coinvolto nel caso -. Salvare vite non è un reato, è un obbligo morale e legale, un atto fondamentale di umanità che semplicemente va compiuto. Basta criminalizzare la solidarietà! Tutti gli sforzi devono andare nel fermare le inaccettabili morti e sofferenze e garantire il diritto al soccorso, riportando l’umanità e il diritto alla vita nel nostro mare”.

Msf è un’organizzazione medico-umanitaria internazionale indipendente che fornisce assistenza a persone colpite da guerre, epidemie, catastrofi naturali e situazioni di crisi in oltre 70 paesi, compresa l’Italia. Ha iniziato le operazioni di soccorso in mare nel 2015 per supplire al vuoto lasciato dalla chiusura di Mare Nostrum e con otto navi ha contribuito a soccorrere oltre 92.000 persone senza mai fermare le attività. Tuttora i team di Msf sono impegnati in operazioni di soccorso con la nave Geo Barents.

“Il nostro pensiero va ai colleghi di MSF e delle altre organizzazioni che hanno vissuto sotto il peso delle accuse per aver svolto legittimamente il proprio lavoro: soccorrere persone in pericolo, in piena trasparenza e nel rispetto delle leggi - conclude Monica Minardi, presidente di MSsf in Italia -. I nostri operatori non hanno mai smesso di operare negli interventi di MSF in tutto il mondo, così come le nostre navi non hanno mai smesso di salvare vite in mare. Questa è stata la nostra migliore risposta a tutte le accuse”.

Save the Children: “Riconosciuta la verità sull’impegno umanitario”

“Questa decisione, che arriva a conclusione di una vicenda giudiziaria durata quasi sette anni, riconosce la verità sul nostro operato e sull’impegno umanitario per salvare vite in mare”, ha dichiarato Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children, commentando la decisione del Giudice.
“Save the Children – continua - è sempre stata fiduciosa nella conclusione positiva di questa vicenda, nella piena coscienza che i membri dell’Organizzazione hanno sempre operato nella legalità, al fine di salvare vite in mare, rispondendo al proprio mandato umanitario e con il primario obiettivo di proteggere i soggetti vulnerabili, quali ad esempio minori non accompagnati e donne potenzialmente vittime di tratta e sfruttamento”.

L’esito di questa udienza preliminare arriva dopo anni, nel corso dei quali, Save the Children ha continuato a confidare nell’operato della magistratura, mettendosi a disposizione per fornire ogni elemento utile per la ricostruzione dei fatti, affinché la verità potesse emergere. Al contempo l’Organizzazione ha rafforzato il proprio impegno sul territorio italiano nell’accoglienza ed inclusione dei minori migranti. I legali dell’Organizzazione, l’avv. Jean Paule Castagno e l’avv. Andrea Alfonso Stigliano dello Studio Orrick di Milano, hanno svolto una proattiva e minuziosa attività difensiva, evidenziando una serie di elementi determinanti affinché la stessa Procura potesse rivalutare la propria posizione, tanto da richiedere essa stessa una sentenza di non luogo a procedere.
L’attività di Save the Children è stata svolta, da sempre, nel pieno rispetto della legge italiana, di concerto con IMRCC, attraverso un continuo supporto e coordinamento con tutti gli attori istituzionali coinvolti, le prefetture territoriali e le autorità di polizia presenti nei porti di sbarco e in continuità con le molteplici attività svolte dall’Organizzazione a tutela dei diritti dei minori migranti, anche in collaborazione e supporto alle Autorità, sin dal 2008. “Negli anni in cui la missione di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo centrale è stata attiva, il 2016 e 2017, Save the Children ha salvato quasi 10.000 persone che erano esposte al rischio di annegamento in mare. Tra di loro c’erano circa 1.500 bambini, molti dei quali erano separati dalle loro famiglie, che abbiamo tenuto al sicuro e protetto fino a quando hanno raggiunto un porto sicuro. Di tutto questo siamo estremamente orgogliosi. Siamo molto soddisfatti dell’esito dell’udienza preliminare e ringraziamo tutti i nostri sostenitori che, anche durante questi anni, hanno continuato a credere nei valori della nostra Organizzazione”, ha concluso Daniela Fatarella.
“Nel corso dell’udienza, è stato possibile illustrare e portare all’attenzione del Giudice tutti gli elementi di prova che hanno smentito categoricamente ogni accusa, come acclarato dalla richiesta di non luogo a procedere formulata dai pubblici ministeri. Sono inoltre emerse l’encomiabile professionalità e dedizione con le quali tutto il personale dell’Organizzazione, ed in particolare il team leader responsabile per la missione, ha operato per l’intera durata della stessa”, ha dichiarato l’avv. Jean-Paule Castagno.

Amnesty International: “Salvare vite non è un reato. E le organizzazioni hanno subito un danno grave”

Commentando la sentenza di non luogo a procedere per gli equipaggi delle navi delle Ong Jugend Rettet, Save The Children e Medici Senza Frontiere, Elisa De Pieri, ricercatrice regionale di Amnesty International, ha affermato: “L’indagine e l’azione penale sono state un chiaro esempio di violazione da parte dell’Italia del dovere di proteggere i difensori dei diritti umani e assicurare che possano svolgere il proprio ruolo senza temere rappresaglie. Ne è prova l’attenzione che anche la Relatrice speciale delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani ha dedicato all’udienza preliminare. Siamo quindi molto soddisfatti che il giudice abbia deciso per il non luogo a procedere nei confronti di tutti gli indagati. Quest’indagine si è inserita nel quadro della criminalizzazione della solidarietà, che molti stati europei hanno deliberatamente perseguito per ostacolare, anche attraverso l’uso del diritto penale, chi in questi anni ha prestato assistenza e offerto solidarietà a rifugiati e migranti. Si è trattato della prima, più lunga e più costosa azione penale contro le Ong di salvataggio. Per questo, il proscioglimento di oggi rappresenta una vittoria di particolare significato e va ad aggiungersi alle numerose pronunce di altre corti in Italia e all’estero che hanno concluso che le accuse contro individui e ong che hanno assistito rifugiati e migranti fossero infondate”.

“È stato assai preoccupante il tentativo dell’accusa di reinterpretare quanto accadeva nel Mediterraneo centrale nel 2016/2017 – continua -, come se le migliaia di persone a bordo di imbarcazioni fatiscenti non fossero realmente in pericolo. La nave ‘Iuventa’ ha salvato oltre 14.000 persone, sotto il coordinamento e nel quadro di operazioni gestite dalle autorità italiane”.

Aggiunge Elisa De Pieri: “Fortunatamente la corte ha respinto la pericolosa interpretazione dell’accusa. Tuttavia, l’indagine stessa, con il sequestro della nave ‘Iuventa’, ha contribuito ad aggravare la situazione di pericolo per migranti e rifugiati nel Mediterraneo centrale, in cui nel 2023 sono morte o scomparse in mare quasi 2500 persone. Inoltre, mettendo in discussione la situazione di pericolo delle persone che viaggiavano su imbarcazioni fatiscenti e fuggivano dagli orrori della Libia, l’indagine ed azione penale hanno contribuito a minare l’integrità del sistema di ricerca e soccorso in mare. Le persone e organizzazioni coinvolte hanno comunque subito un danno grave e in larga misura irrimediabile. L’Ong Jugend Rettet si è dovuta sciogliere, la sua nave ‘Iuventa’ è inutilizzabile, le persone coinvolte hanno vissuto in un limbo per anni e si è minata la reputazione di Ong il cui lavoro si fonda sulla fiducia del pubblico”.

E conclude: “Alla luce di questa sentenza, la necessità di modificare a livello nazionale ed europeo la normativa sulla facilitazione dell’immigrazione irregolare risulta ancora più evidente, ed Amnesty International continuerà a lavorare perché ciò avvenga. Infine, non va dimenticato inoltre come la criminalizzazione più recente del salvataggio in mare stia passando attraverso norme e pratiche formalmente amministrative, ma in realtà gravemente punitive, specie dopo il decreto Cutro. Siamo particolarmente soddisfatti di aver potuto contribuire a sostenere le persone imputate, non solo attraverso la ricerca e la campagna fatte sul caso sin dal sequestro della nave nel 2017, ma anche attraverso l’osservazione delle udienze preliminari. L’accesso alle udienze che la corte ha consentito agli osservatori internazionali e al rappresentante della Relatrice speciale delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani è stato un precedente importante che ci auguriamo venga seguito in altri casi. Ciò ha garantito trasparenza, soprattutto quando è diventato evidente quanto debole fosse l’impianto accusatorio”.
E Serena Chiodo, campaigner di Amnesty International Italia presente oggi al tribunale di Trapani, ha chiosato: "Partecipiamo alla felicità dell'equipaggio Iuventa, che abbiamo sostenuto dall'inizio delle indagini e in tutte le udienze preliminari, più di 40, cui abbiamo preso parte come osservatori internazionali. Oggi il giudice ha espresso con chiarezza che il fatto non sussiste: resta la consapevolezza che in questi sette anni le vite degli imputati sono state stravolte, la nave resa inutilizzabile, ed è stato alimentato il clima di sospetto contro chi opera solo in difesa dei diritti e della solidarietà umana. Ora serve lavorare affinché soccorrere vite sia visto universalmente come un valore da difendere".
(fonte: Redattore Sociale 19/04/2024)

Papa Francesco «Gesù mi ama e trova in me una bellezza che io spesso non vedo. ... Oggi Gesù ci dice che noi per Lui valiamo tanto e sempre.» REGINA CAELI 21/04/2024 (testo e video)

PAPA FRANCESCO

REGINA CAELI

Piazza San Pietro
IV Domenica del Tempo di Pasqua, 21 aprile 2024


Cari fratelli e sorelle, buona domenica!

Questa domenica è dedicata a Gesù Buon Pastore. Nel Vangelo odierno (cfr Gv 10,11-18) Gesù dice: «Il buon pastore dà la propria vita per le pecore» (v. 11) e insiste su questo aspetto, tanto da ripeterlo per ben tre volte (cfr vv. 11.15.17). Ma in che senso, mi domando, il pastore dà la vita per le pecore?

Essere pastore, specialmente al tempo di Cristo, non era solo un mestiere, era tutta una vita: non si trattava di avere un’occupazione a tempo, ma di condividere le intere giornate, e pure le nottate, con le pecore, di vivere – vorrei dire – in simbiosi con loro. Gesù infatti spiega di non essere un mercenario, a cui non importa delle pecore (cfr v. 13), ma colui che le conosce (cfr v. 14): Lui conosce le pecore. È così, Lui, il Signore, pastore di tutti noi, ci conosce, ognuno di noi, ci chiama per nome e, quando ci smarriamo, ci cerca finché ci ritrova (cfr Lc 15,4-5). Di più: Gesù non è solo un bravo pastore che condivide la vita del gregge; Gesù è il Buon Pastore, che per noi ha sacrificato la vita e, risorto, ci ha dato il suo Spirito.

Ecco cosa vuole dirci il Signore con l’immagine del Buon Pastore: non solo che Lui è la guida, il Capo del gregge, ma soprattutto che pensa a ciascuno di noi, e ci pensa come all’amore della sua vita. Pensiamo a questo: io per Cristo sono importante, Lui mi pensa, sono insostituibile, valgo il prezzo infinito della sua vita. E questo non è un modo di dire: Lui ha dato veramente la vita per me, è morto e risorto per me. Perché? Perché mi ama e trova in me una bellezza che io spesso non vedo.

Fratelli e sorelle, quante persone oggi si ritengono inadeguate o persino sbagliate! Quante volte si pensa che il nostro valore dipenda dagli obiettivi che riusciamo a raggiungere, dal successo agli occhi del mondo, dai giudizi degli altri! E quante volte si finisce per buttarsi via per cose da poco! Oggi Gesù ci dice che noi per Lui valiamo tanto e sempre. E allora, per ritrovare noi stessi, la prima cosa da fare è metterci alla sua presenza, lasciarci accogliere e sollevare dalle braccia amorevoli del nostro Buon Pastore.

Fratelli, sorelle, chiediamoci dunque: so trovare ogni giorno un momento per abbracciare la certezza che dà valore della mia vita? So trovare un momento di preghiera, di adorazione, di lode, per stare alla presenza di Cristo e lasciarmi accarezzare da Lui? Fratello, sorella, il Buon Pastore ci dice che se lo fai, riscoprirai il segreto della vita: ricorderai che Lui ha dato la vita per te, per me, per tutti noi. E che per Lui siamo tutti importanti, ognuno di noi e tutti.

La Madonna ci aiuti a trovare in Gesù l’essenziale per vivere.

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Dopo il Regina Caeli

Cari fratelli e sorelle!

Si celebra oggi la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che ha per tema “Chiamati a seminare la speranza e a costruire la pace”. È una bella occasione per riscoprire la Chiesa quale comunità caratterizzata da una polifonia di carismi e di vocazioni al servizio del Vangelo. In tale contesto rivolgo di cuore il mio saluto ai nuovi presbiteri della diocesi di Roma, che sono stati ordinati ieri pomeriggio nella Basilica di San Pietro. Preghiamo per loro!

Continuo a seguire con preoccupazione, e anche con dolore, la situazione in Medio Oriente. Rinnovo l’appello a non cedere alla logica della rivendicazione e della guerra; prevalgano invece le vie del dialogo e della diplomazia, che può fare tanto. Prego ogni giorno per la pace in Palestina e in Israele e spero che quei due popoli possano presto smettere di soffrire. E non dimentichiamo la martoriata Ucraina, la martoriata Ucraina che soffre tanto per la guerra.

Con dolore ho appreso la notizia della morte, in un incidente, di padre Matteo Pettinari, giovane missionario della Consolata in Costa d’Avorio, conosciuto come il “missionario instancabile”, che ha lasciato una grande testimonianza di generoso servizio. Preghiamo per la sua anima.

Rivolgo un cordiale benvenuto a tutti voi, romani e pellegrini dell’Italia e di tanti Paesi. Accolgo con affetto le Suore Apostoline: grazie per il vostro gioioso servizio alla pastorale delle vocazioni! Saluto i fedeli di Viterbo, Brescia, Alba Adriatica e Arezzo; come pure il Rotary Club Galatina Maglie e Terre d’Otranto, i giovani di Capocroce, i ragazzi della Cresima di Azzano Mella e della parrocchia di Sant’Agnese in Roma.

Auguro a tutti voi una buona domenica. E saluto i ragazzi dell’Immacolata, bravi! Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!

Guarda il video

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domenica 21 aprile 2024

Papa Francesco: "Chiamati a seminare la speranza e a costruire la pace" Messaggio per la 61ª Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA 61ª GIORNATA MONDIALE
DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI

[21 aprile 2024]

Chiamati a seminare la speranza e a costruire la pace

Cari fratelli e sorelle!

La Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni ci invita, ogni anno, a considerare il dono prezioso della chiamata che il Signore rivolge a ciascuno di noi, suo popolo fedele in cammino, perché possiamo prendere parte al suo progetto d’amore e incarnare la bellezza del Vangelo nei diversi stati di vita. Ascoltare la chiamata divina, lungi dall’essere un dovere imposto dall’esterno, magari in nome di un’ideale religioso; è invece il modo più sicuro che abbiamo di alimentare il desiderio di felicità che ci portiamo dentro: la nostra vita si realizza e si compie quando scopriamo chi siamo, quali sono le nostre qualità, in quale campo possiamo metterle a frutto, quale strada possiamo percorrere per diventare segno e strumento di amore, di accoglienza, di bellezza e di pace, nei contesti in cui viviamo.

Così, questa Giornata è sempre una bella occasione per ricordare con gratitudine davanti al Signore l’impegno fedele, quotidiano e spesso nascosto di coloro che hanno abbracciato una chiamata che coinvolge tutta la loro vita. Penso alle mamme e ai papà che non guardano anzitutto a se stessi e non seguono la corrente di uno stile superficiale, ma impostano la loro esistenza sulla cura delle relazioni, con amore e gratuità, aprendosi al dono della vita e ponendosi al servizio dei figli e della loro crescita. Penso a quanti svolgono con dedizione e spirito di collaborazione il proprio lavoro; a coloro che si impegnano, in diversi campi e modi, per costruire un mondo più giusto, un’economia più solidale, una politica più equa, una società più umana: a tutti gli uomini e le donne di buona volontà che si spendono per il bene comune. Penso alle persone consacrate, che offrono la propria esistenza al Signore nel silenzio della preghiera come nell’azione apostolica, talvolta in luoghi di frontiera e senza risparmiare energie, portando avanti con creatività il loro carisma e mettendolo a disposizione di coloro che incontrano. E penso a coloro che hanno accolto la chiamata al sacerdozio ordinato e si dedicano all’annuncio del Vangelo e spezzano la propria vita, insieme al Pane eucaristico, per i fratelli, seminando speranza e mostrando a tutti la bellezza del Regno di Dio.

Ai giovani, specialmente a quanti si sentono lontani o nutrono diffidenza verso la Chiesa, vorrei dire: lasciatevi affascinare da Gesù, rivolgetegli le vostre domande importanti, attraverso le pagine del Vangelo, lasciatevi inquietare dalla sua presenza che sempre ci mette beneficamente in crisi. Egli rispetta più di ogni altro la nostra libertà, non si impone ma si propone: lasciategli spazio e troverete la vostra felicità nel seguirlo e, se ve lo chiederà, nel donarvi completamente a Lui.

Un popolo in cammino

La polifonia dei carismi e delle vocazioni, che la Comunità cristiana riconosce e accompagna, ci aiuta a comprendere pienamente la nostra identità di cristiani: come popolo di Dio in cammino per le strade del mondo, animati dallo Spirito Santo e inseriti come pietre vive nel Corpo di Cristo, ciascuno di noi si scopre membro di una grande famiglia, figlio del Padre e fratello e sorella dei suoi simili. Non siamo isole chiuse in se stesse, ma siamo parti del tutto. Perciò, la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni porta impresso il timbro della sinodalità: molti sono i carismi e siamo chiamati ad ascoltarci reciprocamente e a camminare insieme per scoprirli e per discernere a che cosa lo Spirito ci chiama per il bene di tutti.

Nel presente momento storico, poi, il cammino comune ci conduce verso l’Anno Giubilare del 2025. Camminiamo come pellegrini di speranza verso l’Anno Santo, perché nella riscoperta della propria vocazione e mettendo in relazione i diversi doni dello Spirito, possiamo essere nel mondo portatori e testimoni del sogno di Gesù: formare una sola famiglia, unita nell’amore di Dio e stretta nel vincolo della carità, della condivisione e della fraternità.

Questa Giornata è dedicata, in particolare, alla preghiera per invocare dal Padre il dono di sante vocazioni per l’edificazione del suo Regno: «Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!» (Lc 10,2). E la preghiera – lo sappiamo – è fatta più di ascolto che di parole rivolte a Dio. Il Signore parla al nostro cuore e vuole trovarlo aperto, sincero e generoso. La sua Parola si è fatta carne in Gesù Cristo, il quale ci rivela e ci comunica tutta la volontà del Padre. In quest’anno 2024, dedicato proprio alla preghiera in preparazione al Giubileo, siamo chiamati a riscoprire il dono inestimabile di poter dialogare con il Signore, da cuore a cuore, diventando così pellegrini di speranza, perché «la preghiera è la prima forza della speranza. Tu preghi e la speranza cresce, va avanti. Io direi che la preghiera apre la porta alla speranza. La speranza c’è, ma con la mia preghiera apro la porta» (Catechesi, 20 maggio 2020).

Pellegrini di speranza e costruttori di pace

Ma cosa vuol dire essere pellegrini? Chi intraprende un pellegrinaggio cerca anzitutto di avere chiara la meta, e la porta sempre nel cuore e nella mente. Allo stesso tempo, però, per raggiungere quel traguardo, occorre concentrarsi sul passo presente, per affrontare il quale bisogna essere leggeri, spogliarsi dei pesi inutili, portare con sé l’essenziale e lottare ogni giorno perché la stanchezza, la paura, l’incertezza e le oscurità non blocchino il cammino intrapreso. Così, essere pellegrini significa ripartire ogni giorno, ricominciare sempre, ritrovare l’entusiasmo e la forza di percorrere le varie tappe del percorso che, nonostante le fatiche e le difficoltà, sempre aprono davanti a noi orizzonti nuovi e panorami sconosciuti.

Il senso del pellegrinaggio cristiano è proprio questo: siamo posti in cammino alla scoperta dell’amore di Dio e, nello stesso tempo, alla scoperta di noi stessi, attraverso un viaggio interiore ma sempre stimolato dalla molteplicità delle relazioni. Dunque, pellegrini perché chiamati: chiamati ad amare Dio e ad amarci gli uni gli altri. Così, il nostro camminare su questa terra non si risolve mai in un affaticarsi senza scopo o in un vagare senza meta; al contrario, ogni giorno, rispondendo alla nostra chiamata, cerchiamo di fare i passi possibili verso un mondo nuovo, dove si viva in pace, nella giustizia e nell’amore. Siamo pellegrini di speranza perché tendiamo verso un futuro migliore e ci impegniamo a costruirlo lungo il cammino.

Questo è, alla fine, lo scopo di ogni vocazione: diventare uomini e donne di speranza. Come singoli e come comunità, nella varietà dei carismi e dei ministeri, siamo tutti chiamati a “dare corpo e cuore” alla speranza del Vangelo in un mondo segnato da sfide epocali: l’avanzare minaccioso di una terza guerra mondiale a pezzi; le folle di migranti che fuggono dalla loro terra alla ricerca di un futuro migliore; il costante aumento dei poveri; il pericolo di compromettere in modo irreversibile la salute del nostro pianeta. E a tutto ciò si aggiungono le difficoltà che incontriamo quotidianamente e che, a volte, rischiano di gettarci nella rassegnazione o nel disfattismo.

In questo nostro tempo, allora, è decisivo per noi cristiani coltivare uno sguardo pieno di speranza, per poter lavorare con frutto, rispondendo alla vocazione che ci è stata affidata, al servizio del Regno di Dio, Regno di amore, di giustizia e di pace. Questa speranza – ci assicura San Paolo – «non delude» (Rm 5,5), perché si tratta della promessa che il Signore Gesù ci ha fatto di restare sempre con noi e di coinvolgerci nell’opera di redenzione che Egli vuole compiere nel cuore di ogni persona e nel “cuore” del creato. Tale speranza trova il suo centro propulsore nella Risurrezione di Cristo, che «contiene una forza di vita che ha penetrato il mondo. Dove sembra che tutto sia morto, da ogni parte tornano ad apparire i germogli della risurrezione. È una forza senza uguali. È vero che molte volte sembra che Dio non esista: vediamo ingiustizie, cattiverie, indifferenze e crudeltà che non diminuiscono. Però è altrettanto certo che nel mezzo dell’oscurità comincia sempre a sbocciare qualcosa di nuovo, che presto o tardi produce un frutto» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 276). Ancora l’apostolo Paolo afferma che «nella speranza» noi «siamo stati salvati» (Rm 8,24). La redenzione realizzata nella Pasqua dona la speranza, una speranza certa, affidabile, con la quale possiamo affrontare le sfide del presente.

Essere pellegrini di speranza e costruttori di pace, allora, significa fondare la propria esistenza sulla roccia della risurrezione di Cristo, sapendo che ogni nostro impegno, nella vocazione che abbiamo abbracciato e che portiamo avanti, non cade nel vuoto. Nonostante fallimenti e battute d’arresto, il bene che seminiamo cresce in modo silenzioso e niente può separarci dalla meta ultima: l’incontro con Cristo e la gioia di vivere nella fraternità tra di noi per l’eternità. Questa chiamata finale dobbiamo anticiparla ogni giorno: la relazione d’amore con Dio e con i fratelli e le sorelle inizia fin d’ora a realizzare il sogno di Dio, il sogno dell’unità, della pace e della fraternità. Nessuno si senta escluso da questa chiamata! Ciascuno di noi, nel suo piccolo, nel suo stato di vita può essere, con l’aiuto dello Spirito Santo, seminatore di speranza e di pace.

Il coraggio di mettersi in gioco

Per tutto questo dico, ancora una volta, come durante la Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona: “Rise up! – Alzatevi!”. Svegliamoci dal sonno, usciamo dall’indifferenza, apriamo le sbarre della prigione in cui a volte ci siamo rinchiusi, perché ciascuno di noi possa scoprire la propria vocazione nella Chiesa e nel mondo e diventare pellegrino di speranza e artefice di pace! Appassioniamoci alla vita e impegniamoci nella cura amorevole di coloro che ci stanno accanto e dell’ambiente che abitiamo. Ve lo ripeto: abbiate il coraggio di mettervi in gioco! Don Oreste Benzi, un infaticabile apostolo della carità, sempre dalla parte degli ultimi e degli indifesi, ripeteva che nessuno è così povero da non aver qualcosa da dare, e nessuno è così ricco da non aver bisogno di ricevere qualcosa.

Alziamoci, dunque, e mettiamoci in cammino come pellegrini di speranza, perché, come Maria fece con Santa Elisabetta, anche noi possiamo portare annunci di gioia, generare vita nuova ed essere artigiani di fraternità e di pace.

Roma, San Giovanni in Laterano, 21 aprile 2024, IV Domenica di Pasqua.

FRANCESCO